Che tipo di storie possono narrarci le cose?
Tradizionalmente i loro discorsi sono stati ricondotti alla loro natura di merci, che parlano di valore economico e di prestigio.
Ma dietro questa superficie comunicativa, possiamo scoprire un valore più intimo delle cose.
Un vestito, delle lettere, un bottone.
Cosa resta delle nostre storie?
Che significato prendono per noi questi oggetti?
E quale ruolo e posto gli diamo nella nostra vita?
In che modo ci rapportiamo ad essi e cosa suscitano negli altri?
Ho contato tutte le case in cui ho vissuto fino ad ora. Sono 20.
In occasione dei miei numerosi spostamenti, ho intrapreso ogni volta un percorso emotivo diverso. Non un semplice trasloco, ma un viaggio dentro me stessa. Attraverso quella parte rimasta ancorata a quelle stanze, a quegli oggetti, a quei profumi, alle vite non più visibili, ma presenti in quella che era la casa che lasciavo, ritrovavo parti di me dimenticate.
Cose.
Cose che liberate dalla polvere, cercavano il proprio posto, nelle case, tra le mani, sugli scaffali, nelle scatole, nascoste o messe in mostra.
Mi parlavano della vita e del significato, del tempo e della memoria.
In un trasloco tutto viene impacchettato e resta in attesa di una nuova destinazione.
In mezzo a tanti scatoloni, a vestiti rimasti in fondo agli armadi, e a tante cose da buttare, ogni volta emergeva la mia vita, la mia vita nascosta sotto la pelle.
E ogni volta dovevo decidere ciò che mi avrebbe seguita e ciò che sarebbe stato perso per strada.
Decidevo chi ero.
Sul "rovescio delle cose" potevo trovare traccia della loro capacità, un po' impertinente, di sovvertire le regole e di inventarne di nuove.
Se la narrazione è una forma comunicativa capace di incorporare la contraddizione e l'irrazionale, gli oggetti sembrano allora poter essere uno straordinario materiale narrativo.
E' in questo senso che essi hanno un potere su di noi, perchè animati di un vissuto e di significati che ne accomunano il destino a quello dei loro utilizzatori, i quali nascono, si trasformano e se ne vanno, ma non necessariamente scompaiono, anche grazie agli oggetti che lasciano dietro di sè.
Se nel passato il pensiero occidentale ha voluto relegare questa valenza quasi magica delle cose al mondo dei primitivi, io intendo osservare il mondo degli oggetti contemporanei, per svelarne la vocazione narrativa, creativa e "sovrasensibile".
L'intento di questo percorso è proprio quello di far emergere processi controcorrente, dall'astratto al concreto delle cose.
Ci sono, scatole, ceste, bauli, sacchi che tra un trasloco e l'altro scegliamo di portarci dietro.
Perchè, anche se sono pesanti, inutili e pieni di cose che abbiamo paura di rivedere, dentro c'è anche una parte di noi a cui non possiamo rinunciare, o di cui non riusciamo a liberarci.